Devo essere sincera: ho pensato di scrivere questo post già mentre ero seduta ad ascoltare "la mia storia". Poi c'è stato il fine settimana, ma soprattutto tanta confusione. In realtà, ancora oggi a distanza di due giorni, faccio appello ai ricordi per cercare di capire cosa realmente abbia provato quando lì davanti a me, terapeuti, dottori e non solo, parlavano di qualcosa di tanto vicino quanto lontano.
Faccio un passo indietro altrimenti sembra stia scrivendo del nulla.
Il 15 marzo è stata istituita da ormai tre anni, la giornata del fiocchetto lilla, diventato simbolo anche in Italia della lotta, ma soprattutto della conoscenza dei disturbi alimentari. Sapevo delle manifestazioni nelle varie sedi FIDA (la più vicina a me è Salerno, comunque distante un'oretta di macchina), ma ignoravo totalmente che il comitato emmepi4ever in collaborazione con Mi Nutro di Vita avesse organizzato un incontro nei saloni di un auditorium parrocchiale di Casagiove, paesino che dista da caaasa appena una ventina di minuti. In questo dedalo di incontri virtuali chiamato internet, ho avuto la fortuna di aver incrociato anche Elisabetta, che venerdì sera mi ha lasciato questo invito attraverso Facebook.
La prima reazione è stata, come sempre in pratica, di ansia: ho letto il programma ed ho pensato di voler scappare. L'ho riletto e mi sono detta che sicuramente avrebbero parlato solo di anoressia e bulimia. Poi ci ho pensato su: cosa mi faceva paura oltre al fatto di dover andare in un posto che non conoscevo a fare qualcosa di nuovo? Ed il problema mi è stato chiaro: avrei sentito, per la prima volta, dialogare di me da persone che vivono quotidianamente gente come me e lo fanno per lavoro, non per sentito dire, non per aver letto su internet come ho sempre fatto io.
Chi mi conosce sa che in tutti questi anni non sono mai andata in terapia: non ho avuto nessun tipo di approccio reale con un terapeuta. Ho la testa e gli occhi pieni di letteratura psichiatrica, almeno per quello che in questi anni ho trovato in rete. Ho una cultura sommaria, la stessa del malato che è talmente disperato da appigliarsi a qualsiasi cosa. Dico sempre che questa è stata una mia debolezza, che forse avrei trovato più risposte in minor tempo o avrei fatto un lavoro più profondo senza perdermi più volte: ma è andata così.
Comunque sia, il vero, reale problema è stato pensare all'autorità delle informazioni che avrei ricevuto quel pomeriggio. Come se trovarmi davanti quelle persone accreditate, potesse rendere ancora più vero, più tangibile il mio dca.
"Ing. per domani ho un invito ad un incontro per i dca..."
"Bene, ci andiamo?"
E così siamo andati, nonostante abbia tentato di dissimulare il piacere di averlo con me più volte dicendogli cose del tipo guardacheduratreoretiannoi.
E' stato bello ed emozionante. E scombussolante. Altamente scombussolante, in special modo quando già il primo intervento ha posto l'attenzione ai caratteri del binge. C'erano delle slides, lì davanti, che parlavano di me: ma di me non solo durante l'abbuffata, ma dei caratteri di contorno che solitamente ha chi soffre di bed. Si è parlato anche di storia dei disordini alimentari, di testimonianze. Si è parlato di come ogni disturbo alimentare non sia un'isola a sé, ma sia parte di un tutto in cui un soggetto può allegramente sguazzare durante tutta la vita.
Hanno parlato dei miei periodi di abbuffate solitarie, della mia vergogna e del mio perfezionismo. Del mio controllo, delle mie restrizioni e della mia disperazione. Del mio negare di avere un problema e di tutto il contorno, della vita di relazione che va a donnine allegre.
Ma hanno parlato ed ho visto viva l'angoscia, di chi ha vissuto con qualcuno malato di dca. Dell'impotenza che si sente di avere in questi casi.
Ma è stato un pomeriggio di sublimazione: non mi sono sentita un essere strano, un animale da circo. La normalità che cercavo accanitamente quanto più il disturbo si impossessava di me era lì, tra le parole di chi magari, avrebbe saputo guarirmi prima. Ero documentata da libri e libri, da ricerche psicologiche e trattati e questo mi ha rassicurata nonostante sapessi già.
Io ci sto ancora lavorando: i chili persi sono solo la risposta del corpo ad una strategia di guarigione. Ma tanto c'è ancora da fare e penso che l'opportunità che mi è stata data sabato pomeriggio fa parte di questo percorso.
Ho scelto di andarci, sono riuscita ad andarci e ne sono contenta.
Anche per questo non smetterò mai di ringraziare Elisabetta (senza la quale non avrei saputo).
E, naturalmente l'ing. che ci mette sempre il suo: prima, durante e dopo.
(immagini da https://www.facebook.com/memorialmariapaola)
I nostri fiocchetti a caaasa
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RispondiEliminaChe bello, Diana!
RispondiEliminaIo ho saputo da te di questa giornata dedicata al nostro problema, e il 15 ero già impegnata altrove. Ma dev'essere stato davvero interessante e molto significativo il fatto di avere l'ing. accanto. Bravi, ragazzi! :)
Diana, basta dirti che la magia di quella consapevolezza intima divenuta realtà pubblica è stata amplificata dalla tua presenza. Sono onorata di averti conosciuta <3
RispondiEliminabrava cara :-* :-)
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