L'ing. (21.12.2000)

Perchè amo i treni .(ricordo della prima volta che vidi l'ing. scritto nel 2006)


21 Dicembre 2000, giovedi .
L’ora precisa mica me la ricordo .
Era mattino, mattino tardi ed io mi ero fatta accompagnare alla stazione .

Agitazione? Nemmeno un po’: avevo perso troppo tempo a macchinare cosa fare e cosa non fare per arrivare in tempo alla stazione, per cercare di essere passabile, a sperare che il treno di chi mi aveva accompagnato non arrivasse insieme quello di chi doveva arrivare .

Il treno di chi doveva andare arriva .
Agitazione? Ora si grazie .
Che poi il treno di chi doveva arrivare sarebbe stato, ipoteticamente anche quello che io avrei dovuto prendere, se le cose dette a chi era andato fossero state vere .

Sala d’aspetto .
Portò ritardo il treno di chi doveva arrivare?
Dannazione, nemmeno questo ricordo .
Ma ricordo che passai per scema agli occhi di qualcuno che doveva andare .
Un passo avanti, uno indietro, due passi in avanti, due indietro .
E com’è strano, adesso che ci penso rammento cosa pensai .
Mi venne davanti gli occhi Zio Paperone quando rimugina su qualcosa, quando cammina in tondo tanto da scavare il pavimento .
Ma io non ce l’avevo un Battista personale che mi guardava e si preoccupava per me. Nossignora no .

Avevo però dei capelli lisciati per l’occasione e riempiti di semi di lino anche se la giornata era secca, ma meglio non far brutte figure .
Lisciati che lisciavo in continuazione, come in continuazione mi guardavo nella porta a vetro della sala d’aspetto . E sbuffavo si . Una specie di iperventilazione che non mi serviva a nulla .

Poi l’annunciano .
Annunciano il treno di chi doveva arrivare, e la trasformazione .
Mi accodo a chi doveva andare, come se nulla fosse, anche se un sorrisino già mi viene naturale .
Dlen, dlen, dlen…la campanella .
A quest’ora sarà ancora alla stazione prima . Già me l’hanno insegnato alle elementari che funziona così .

E doveva essere proprio così, passarono forse una decina di minuti, quando vidi il muso del diretto stagliarsi all’orizzonte .
Anzi no, semplicemente alla fine della stazione .
Ma non capivo niente .

E continuai a non capir nulla, quando il treno di fermò . Quando salì chi doveva andare e le tre persone che dovevano arrivare scesero .
Tre .

E in fondo l’Ing .
Chiedo venia, l’allora quasi Ing .

Il viso serio, il mio, e un libro di storia degli strumenti musicali che mica lo so perché me l’ero portato .
Si insomma, in fondo vedo chi doveva arrivare, che è arrivato, ha messo piede in terra e penso: “Eccolo li, è sicuramente lui”
Perché l’allora quasi Ing. io non l’avevo mai visto .

Gli vado incontro, piano . Avrei voluto correre, ma sarei di certo caduta .
Gli vado incontro e lui mi si avvicina .
Un bacio sulla guancia e un “Ma lo vedi che sei carina?” sussurrato .
- Andiamo?-

Non rispondo . No, mi sa di non aver risposto, ma quando mi sono girata per prendere il sottopassaggio ho sbandato e quasi gli sono andata addosso .
O meglio, ho sbandato .
Eh .
E lui me l’avrebbe rinfacciato i prossimi giorni che già “gli saltavo addosso” .
Così come avrebbe continuato a dirmi che l’avevo riconosciuto non per un qualcosa di chimico che ci univa da sempre, ma perché in tutto erano scese proprio tre persone . Lui compreso .

Ed il treno di chi doveva arrivare ed è arrivato, è ripartito .

1 commento:

  1. Ciao! ho il tuo blog tra i preferiti, e non ricordo nemmeno quando ti ho salvata!
    ogni tanto salto qui a dare una sbirciata. Oggi hai linkato questo vecchio post e... non sono riuscita a trattenermi, va commentato!
    è dolcissimo, è meraviglioso il modo in cui hai descritto questo primo incontro!
    beh.. a presto :)

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