giovedì 23 febbraio 2012

Lo sport da obesi

Lungi da me dare direttive sullo sport da praticare quando si è obesi: quella che segue vuole essere piuttosto una riflessione totalmente personale sul movimento.
Come già sa chi mi segue da splinder, è stato "grazie" alla mia discopatia se ho iniziato a frequentare una palestra con annessa piscina. All'inizio annaspavo in acqua e penso sia stata cosa buona perché mi son modellata tanto, ma con i miei 130kg non riuscivo nemmeno a seguire una lezione di acquagym senza affannare.
Piano piano che i chili scendevano ho preso fiducia in me, il cuore è diventato certo più forte ed ho scelto, verso gli 80kg, di seguire le attività che si svolgevano in palestra.
Non sono poi lontanissima da quegli ottanta, essendomi attestata ora su un peso che oscilla tra i 72 ed i 75, ma tre anni di allenamento tutti i santi giorni hanno aumentato la mia soglia di resistenza.
Oltre ad essermi appassionata al fitness mi rendo conto che non è solo merito delle endorfine se allenamenti che per i novellini sembrano pesantissimi, per me sono più che "normali". Guardo però i novellini e scatta il paragone con il periodo in cui IO ho cominciato a muovermi. La maggior parte di loro sono di costituzione normale: dicono, magari, di voler dimagrire, ma per come la vedo io avrebbero bisogno solo di tonificare per togliere un po' di pancetta o avere un aspetto più sano. Ho l'impressione che non "spingano", che al primo accenno di stanchezza siano lì pronti a deporre le armi.
Ma cos'è l'allenamento senza quella minima soglia di fastidio che devi oltrepassare ogni volta? È proprio quella che fa si che la volta dopo tu possa fare tre secondi in più.

Ora io mi chiedo: perché io, anche a 130kg non mi sono mai lamentata del lavoro dell'istruttore? Ammetto che anche da piccola ho sempre avuto una sorta di "sindrome da prima della classe" e fin tanto non mi sono stancata ho combattuto contro l'handicap naturale che mi portava il peso. Quando ho ricominciato la palestra raramente mi sono fermata: ho rallentato se sentivo di averne veramente bisogno, ma fermata mai. Pensavo "se mi fermo tutti penseranno che è normale perché sono grassa".

Ma queste persone capiscono realmente cosa vuol dire muoversi con venti, trenta chili in più? E se i chili sono cinquanta o sessanta, come si permettono di venir vicino e dire "non ce la faccio, ma voglio dimagrire"?
Rischio di diventare volgare, ma giuro che risponderei loro (perdonatemi i francesismi):" vuoi dimagrire? Mangia decentemente, fatti il mazzo e ringrazia in terra se TU hai sempre potuto muoverti".
E si, perché quello che mi è sempre mancato e che fa capolino ancora oggi ogni tanto, è la perenne sensazione di non poter fare qualcosa per colpa del mio peso: non poter sedermi in una sedia, sbilanciare una panca dove sono sedute più persone perché sono la più pesante, non poter usare un attrezzo perché non supporta tutti i miei chili, non poter fare uno sport perché morirei dopo cinque minuti.

So che adesso non dovrei farmi tutti questi problemi, ma l'ultima volta mi è capitato quando ho iniziato a praticare (meno spesso, lo ammetto) l'urban rebounding, altresì rinominato da noi della palestra "zompettiamento".
Si tratta di una pedana elastica sulla quale, a suon di musica si salta verso il basso (quindi gambe sempre flesse) azionando in maniera speciale gli addominali, compiendo movimenti differenti che coinvolgono un po' tutto il corpo. Non ricordo se ne ho già parlato, comunque sia è una manna per la circolazione, per sviluppare l'equilibrio ed un lavoro aerobico non indifferente. Senza contare che a fine lezione facciamo anche esercizi di tonificazione usando il tappeto stesso.
Ora secondo voi il mio problema quale è stato? Si, lo so che lo state pensando: "e se non mi regge? E se mentre salto si sfonda?"


Ecco, questa è l'eredità della mia obesità ed un po' sento ancora un certo gap con le persone normopeso, nonostante io possa dichiararmi sì in sovrappeso, ma certamente un minimo più allenata.



giovedì 16 febbraio 2012

Extreme Diet Makeover & Adolescenti XXL

A quest'ora dovrei essere in camera mia a mettere il corsaro imbottito e a preparare il borsone per andare a lezione di spinning. Stasera no: capita dopo una giornata di casalinghitudine e passata ad esaminare annunci su annunci di non voler fare nulla. Per fortuna ho già tre giorni di allenamento in questa settimana e domani sera mi attende fit boxe, quindi i sensi di colpa sono attenuati.

In queste giornate rimango sola con il Cicciogatto e molte volte accendo la televisione anche solo "per compagnia". Mi accorgo che deve sembrare una cosa molto triste, ma ogni tanto alzo la testa da quello che sto facendo e mi rendo conto di cosa ho davanti. Ultimamente poi, sembra (o è sembrato a me, spettatrice disattenta) che real time abbia una programmazione ballerina. O forse no: comunque sia per qualche giorno di fila mi sono ritrovata davanti tra gli altri programmi Extreme Diet Makeover, mentre oggi Adolescenti XXL.
Per chi non lo sapesse, il tema è sempre lo stesso: obesità, obesità, obesità. Nel primo che ho citato, c'è un personal trainer belloccio, tal Chris Powell, che ad ogni puntata sceglie una tra le tante lettere che gli arrivano e decide di salvare un obeso dalla sua certa fine in età prematura. I pazienti, che da come ho visto non partono mai da un peso minore di 170/180kg, in un anno devono perdere metà del loro peso corporeo: lo fanno attraverso una rieducazione alimentare, ma anche con tre o quattro ore di allenamenti al giorno. È chiaro che stiamo parlando inizialmente di cose soft: non puoi far correre una donna di 200kg per trenta minuti quando 2/3 del suo corpo sono composti da massa grassa.
In Adolescenti XXL invece, ci sono famiglie disperate con figli realmente obesi. Bambini che a 11 anni pesano quasi 100kg ed una ragazza di 17 che è arrivata a 230kg e che non riesce a camminare per più di 5minuti di fila. Questi ragazzi pagano una retta che se non sbaglio si aggira sui 25.000 dollari annuali (o a semestre?) per lasciare le proprie famiglie e ricoverarsi in questa scuola speciale che insegnerà loro a mangiare e a fare attività.



In entrambi i programmi, ammetto, ci sono abbastanza lacrime. In realtà nemmeno tante, ma un pizzicore me lo danno. Proprio a me che non sopporto la gente che si commuove in pubblico.
Penso, tuttavia, che siano lacrime che danno il senso della tragedia che va a consumarsi nelle vite di queste persone: degli adulti come dei ragazzini. Una delle frasi che più mi è rimasta impressa l'ha detta il belloccio di cui vi parlavo, ad una trentenne di 206kg dopo la pesata iniziale: "Ti assicuro che durante quest'anno non soffrirai mai quanto stai soffrendo ora". Questo per dire che nonostante le iniziali privazioni (che se bontà vuole diventano sane abitudini) e le sessioni di allenamento in cui non ce la si fa, è più doloroso crogiolarsi nel proprio stato di obeso che non piangere di stanchezza o perché un corpo abituato a determinati introiti di zuccheri e grassi si sta ribellando e ti fa vedere tutto nero.

Ma quanto è vera questa cosa? 

Molti di loro, anche parte degli adolescenti, temono di non vivere: sono arrivati alla consapevolezza che continuando a non amarsi, a non curarsi (parole che ho sentito dai protagonisti) moriranno presto. Magari non vedranno i figli crescere o avranno un infarto prima che possano seppellire i propri genitori. Mi sono rivista, intorno ai 23 anni, sul divano; imbronciata, perennemente arrabbiata con il mondo intero, intenta a fare nulla. Davvero, adesso, mi chiedo come l'ing. abbia potuto innamorarsi di me, o almeno, sopportarmi durante questi periodi che non sono stati certo di poca durata. Mi sono rivista che tentavo di dare un senso ad una strada che non sapevo nemmeno io quale fosse negando al mondo intero il mio caos interiore chiudendomi a riccio e mostrando certo lunghi aculei. In una di quelle pessime giornate, mio padre, cercando forse di spronarmi, mi disse che continuando così "sarei  morta a 40 anni di infarto".
Per questo mi immedesimo in queste persone, uomini, donne e adolescenti che hanno una storia simile alla mia. In un certo senso invidio molti di loro perché hanno delle cure che fondamentalmente a me sono mancate: hanno vicino persone che capiscono di trovarsi davanti a soggetti che hanno problemi con il lato mentale dell'atto del mangiare. La mia ciccia invece è sempre stata scusata con i miei problemi di tiroide, precedenti diete che hanno abbassato il mio metabolismo ed un pizzico di golosità. Tutte cose vere, per carità, ma non si può arrivare a pesare il doppio del proprio peso forma se non si mixa a questo anche un disordine alimentare.



Cosa voglio dire con tutte queste parole? Nulla in particolare se non che queste storie hanno il potere di incollarmi al televisore: mi ci rivedo in quasi tutto quello che dicono e anche se molti discorsi forse non sono spontanei, mi spaventa come ogni puntata abbia qualcosa in comune con le mie precedenti modalità di abbuffata, con lo stato d'animo, con gli scheletri dei deficit affettivi che ho scavato analizzandomi e con i rapporti interpersonali.
Siamo davvero tutti sulla stessa barca? Anzi no, la vera domanda che mi faccio è: davvero ho sofferto di un disturbo alimentare? Non è la prima volta che lo ammetto, ma ogni volta è come fare a pugni con un passato che spero non ritorni più.


lunedì 13 febbraio 2012

I post del lunedì

Quando venni a sapere del down che splinder avrebbe avuto di lì ad un mese mi dissi: sarà un modo per ricominciare un blog da un'altra parte, parallelamente ad un nuovo capitolo della mia vita, ben sapendo quello che ci stavamo preparando a fare.


Siamo a metà febbraio e quello che sembrava tanto lontano in realtà non lo è: i lavori sono iniziati e nella mia borsa c'è una nuova chiave: la porta di quella che sarà la nostra casa; quella che in realtà già chiamiamo "caaaasa" (si, proprio con la sillaba allungata). È li e sta iniziando a prendere forma. Ammetto ci siano certi momenti in cui penserei ad altro, ma mi piace parlarne e se qualcuno mi chiede come sta andando sono allegra e potrei intrattenerlo per un'oretta.

Anche il tempo è stato clemente: sabato abbiamo preso credenza e tavolo da pranzo all'ikea ed il diluvio sembrava doverci accompagnare tutta la giornata. Il sole è venuto fuori proprio quando abbiamo ritirato gli scatoloni per caricarli in macchina. 



Questi fine settimana oltre ad essere pieni pieni, mi hanno aperto un altro mondo. 
Le cose belle iniziano il venerdì sera, dopo poco che arrivo a casa dell'ing.: il tempo di fare due chiacchiere con i suoi genitori e poi sento bussare il campanello. Oramai la madre mi lascia andare ad aprire intuendo la bella sensazione che provo quando mi ritrovo davanti Lui. È un anticipo di quello che sarà: mi piace aprirgli la porta quando torna da lavoro. 
Il sabato solitamente è dedicato interamente a quanto ci siamo preposti per caaaasa: in giro fino al pomeriggio per poi uscire a cena di sera.
Che dire poi di questo sabato in cui sono stata presentata ufficialmente -nientepopodimenoche- ai barbieri?  Non prendete sottogamba l'evento! "Il barbiere" (che poi sono due) non è solo il posto dove ci si va a fare la barba, ma quello in cui ci si incontra, si fanno due chiacchiere. Insomma: una cosa di una certa importanza!!! Quasi un debutto nella sua società. E lui mi sembrava anche discretamente orgoglioso della cosa, oh!
Domenica in giro ed in famiglia ed il lunedì si ricomincia: la sveglia suona presto per l'ing. ed io mi sveglio con lui anche se a volte, come stamattina, son rimasta a sonnecchiare nel letto. Lo vedo alzarsi, farmi una carezza, un bacio. Il tempo di un'oretta ed io, ancora in pigiama, lo accompagno di nuovo alla porta.
Mi accorgo, in particolare quando lo vedo andar via, che non si può tornare indietro: abituata alle separazioni temporanee, dopo tanti anni ancora mi pesa sapere che per una settimana, per dieci giorni, non potrò guardarlo addormentarsi con me, stringergli la mano, avere una sua carezza sul viso, guardare la partita con lui, mangiare con lui.
Non mi lamento e anzi, mi ritrovo a pensare che sono fortunata dopo questi anni a provare tutto questo. Sono fortunata ad avere un uomo che la prima cosa che fa quando si sveglia è carezzarmi il viso; sono fortunata ad emozionarmi guardandolo e abbracciandolo, ad avere bisogno dei suoi abbracci. Sono fortunata perché nessuno mi fa divertire come lui e se penso ad un suo bacio ho le farfalle allo stomaco.


...e quasi quasi inizio a prendere anche dimestichezza con le strade del paese che mi attende!


mercoledì 8 febbraio 2012

Intervallo con copertine




Io mi iperalimento (e per fortuna vado sempre in palestra),



 lui ha deciso che il posto migliore è il mio letto.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...